Discussione:
Roberto Saviano su Josè Saramago
(troppo vecchio per rispondere)
Nio
2010-06-19 09:03:34 UTC
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Il mio maestro José
di ROBERTO SAVIANO

Di tutte le cose che poteva fare Josè Saramago morire è quella più
inaspettata. Se conoscevi Josè proprio non lo mettevi in conto. Sì,
certo tutti muoiono, anche gli scrittori.

Ma lui non ti dava proprio alcuna impressione di essersi stancato di
vivere, respirare, mangiare, amare. Si era consumato negli ultimi anni,
tra la carne e le ossa sembrava esserci sempre meno spessore, la sua
pelle sembrava un sottile mantello che ricopriva il teschio. Ma diceva:
"Potessi decidere, io non me ne andrei mai".

Parlare della morte di qualcuno cui si è voluto bene, molto bene,
rischia di essere solo un esercizio retorico, una proclamazione di
memoria e virtù del defunto. L'unico modo che si ha per mantenersi
sinceri, è quello di tentare di descrivere lo spazio di vita in più che
ti ha dato chi ha finito di respirare. Questo vale la pena fare. Vedere
quanto ti è stato sommato alla tua vita, ciò che ti è rimasto dentro,
che riuscirai a passare a chi incontrerai, e questo sì, ha il sapore
della vita eterna. In fondo molto non è andato via, se molto sei
riuscito a trattenere.

Avevo conosciuto Saramago per la prima volta come tutti, leggendolo. Il
Vangelo secondo Gesù era il suo libro che mi aveva cambiato,
trasformando il modo di sentire le cose. Quel Gesù uomo, che sbaglia,
ama, arranca, cerca di essere felice, mi era sembrato essere un
personaggio del tutto nuovo nella storia della letteratura. Era una
sintesi dei vangeli apocrifi, dei vangeli ufficiali, dei racconti pagani
e delle leggende materialiste sul Cristo socialista. Era il Gesù
dell'amore carnale verso Maria Maddalena. Su questo Saramago ha scritto
parole incantevoli come solo il Cantico dei Cantici era riuscito a
creare: "Guarderò la tua ombra se non vuoi che guardi te, gli disse, e
lui rispose "Voglio essere ovunque sia la mia ombra, se là saranno i
tuoi occhi"".

E' un Gesù umano che non vuole morire: è il contrario della santità, è
uomo con i suoi errori, peccati, talenti e con il suo coraggio. Sembra
dire al lettore che basta esser fedeli a se stessi per conoscere la vita
e non diventare dei servi, o degli schiavi. "Allora Gesù capì di essere
stato portato all'inganno come si conduce l'agnello al sacrificio, che
la sua vita era destinata a questa morte, fin dal principio e,
ripensando al fiume di sangue e di sofferenza che sarebbe nato
spargendosi per tutta la terra, esclamò rivolto al cielo dove Dio
sorrideva, Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto".
Proprio così: il Gesù di Saramago rivolgendosi all'uomo chiede di
perdonare Dio, ribaltando la versione evangelica del "Padre perdona loro".

E poi ho letto Cecità, altro suo romanzo che ho amato molto e che spesso
mi torna in mente. In una frase. Pronunciata da lui per rispondere a me
che maledivo certe scelte che mi avevano rovinato la vita. "Arriva
sempre un momento in cui non puoi fare altro che rischiare". E la parola
di Saramago era sempre una parola rischiosa, non cercava mai di farsi
comoda.

Sognavo di trasferirmi da lui, come mi aveva consigliato, esprimendomi
solidarietà nei giorni più difficili. Non lo dimenticherò mai. E non
dimenticherò mai l'imbarazzo estremo in cui mi trovai quando mi definì
"maestro di vita". Io che da lui cercavo continuamente indicazioni,
esperienza, per galleggiare in un oceano di difficoltà, bile, rabbia,
ostilità. Lui era un maestro che insegnava per farsi a sua volta
insegnare. A Stoccolma disse che nella sua vita le persone più sagge che
avesse mai conosciuto erano i suoi nonni. Entrambi analfabeti. La loro
saggezza era stata costretta a rinunciare per povertà al libro, alla
musica, ai teatri, ai dipinti, ma che era riuscita a conoscere la vita,
a sentirne con generosità quello che José chiamava sussurro. "Tutte le
cose, le animate e le inanimate, stanno sussurrando misteriose
rivelazioni".

Una volta scambiandoci alcune riflessioni sullo stile, citai Albert
Camus convinto che "lo scrittore che decide di scrivere chiaro vuole
lettori, lo scrittore che scrive oscuro vuole invece interpreti". E la
risposta fu: "ecco cos'hanno di simpatico le parole semplici, non sanno
ingannare". Trovare parole semplici è il mestiere più complicato che
sceglie di fare uno scrittore. Avevi ragione, José: "il viaggio non
finisce, solo i viaggiatori finiscono". E ora tocca a noi qui.
Continueremo a camminare con le tue parole a indicarci la strada senza
fine.
©2010 Roberto Saviano/
Pier
2010-06-19 10:15:52 UTC
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Post by Nio
Il mio maestro José
di ROBERTO SAVIANO
Di tutte le cose che poteva fare Josè Saramago morire è quella più
inaspettata. Se conoscevi Josè proprio non lo mettevi in conto. Sì, certo
tutti muoiono, anche gli scrittori.
quanti scrittori son rimasti vivi ?
Nio
2010-06-19 11:55:23 UTC
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Post by Pier
Post by Nio
Il mio maestro José
di ROBERTO SAVIANO
Di tutte le cose che poteva fare Josè Saramago morire è quella più
inaspettata. Se conoscevi Josè proprio non lo mettevi in conto. Sì, certo
tutti muoiono, anche gli scrittori.
quanti scrittori son rimasti vivi ?
Lui lo è.
nik56
2010-06-20 21:20:51 UTC
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Post by Pier
Il mio maestro Jos�
di ROBERTO SAVIANO
Di tutte le cose che poteva fare Jos� Saramago morire � quella pi�
inaspettata. Se conoscevi Jos� proprio non lo mettevi in conto. S�, certo
tutti muoiono, anche gli scrittori.
quanti scrittori son rimasti vivi ?
Beh, Cervantes e' morto.

nik56

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